Il Sistema Metabolico Bruni (BMS) è il risultato di oltre 10 anni di studi in nutrizione funzionale, nutrigenetica e cronobiologia.
L'incontro e la sintesi di questi tre importanti settori della nutrizione e della biologia, si fondono in BMS, in maniera estremamente efficace e pratica.
BMS vede la luce nel 2018 grazie alla stretta collaborazione tra il Dott. Bruni, nutrizionista ed il Dott. Renzi, esperto informatico.
Parlare di menopausa significa entrare in quell’infinito mondo simbolico e esistenziale che è proprio della donna.
La donna per definizione è complessità perché unisce nella sua essenza opposti che ad una mente troppo rigida potrebbero sembrare inconciliabili.
Per cui il femminile è permeato al contempo dalla fragilità e delicatezza di un corpo esile con forme morbide, che si contrappongono alla brutalità della fisicità del maschile, ma, al contempo, è il veicolo della potenza della natura espressa nella maternità, nel parto, nella capacità di resistere a tutto ciò che comporta la genesi, la nascita e la crescita di un bambino.
La donna è pervasa di spiritualità e ascetismo, nella sua natura materna e accudente, ma al contempo rappresenta nella sua corporeità la carnalità e la sensualità, nascondendo nella sua delicatezza una potenzialità sessuale, in realtà, superiore a quella maschile.
E potrei continuare a lungo elencando come nell’essere donna c’è il tutto e il contrario del tutto. La donna si connota, molto più del compagno maschile, come una realtà dinamica, in continuo cambiamento, rimescolamento, talmente sfaccettata da risultare spesso incomprensibile all’uomo.
Non è una galanteria, sostengo ciò che è confortato da millenni di scienza, di genetica e fisiologia, di filosofia e psicologia, di storia e arte.
Inoltre, con questo, non voglio dire che la donna sia migliore dell’uomo, voglio solo affermare che è diversa.
Diversa perché la sua natura complessa necessita di una narrazione meno lineare e regolare di quella utile a descrivere il maschile.
Ed in questa narrazione è compresa la menopausa, fenomeno fisiologico che, in età e modalità diversa, impatta tutte le donne che riescono a raggiungere la maturità.
Certo sarebbe affascinante poter trattare l’argomento menopausa all’interno dell’intero continuum di sviluppo della donna, tuttavia diventerebbe un testo troppo vasto per gli scopi che ci siamo prefissi in questo articolo.
Ed è anche chiaro che i fattori “come” e “quando” intervengono in maniera importante nel dare una coloritura più o meno serena all’insorgenza della menopausa ma, nuovamente, diventerebbe un discorso troppo lungo e articolato per avere senso nell’ottica dell’obiettivo che ci siamo posti in questo articolo: capire genericamente l’aspetto menopausa nel ciclo vitale di una donna e valutare la possibilità di dare indicazioni utili per far sì che diventi un momento di crescita importante per lo sviluppo della persona.
La menopausa dal punto di vista clinico si manifesta con una serie di cambiamenti fisici e fisiologici che la scienza di oggi è assolutamente capace di affrontare e risolvere nella maniera più soddisfacente.
In tutto questo gli aspetti psicologici fanno la discriminante nel favorire o meno nella donna l’accettazione del suo nuovo status, e quindi fare tutto quello che le è possibile per vivere bene come, e anche meglio, di prima, oppure rifiutare l’evento e non prendersi cura di un corpo che cambia e che necessita di nuove cure e attenzioni.
Sottolineo nuove perché anche prima della menopausa il corpo aveva bisogno di cure e attenzioni continue varianti nel tempo, solo che prima questi cambiamenti erano vissuti come espressioni del crescere quindi ben metabolizzati.
Cito alcune fasi per semplicità: infanzia, pubertà, adolescenza, maturità, gravidanza, maternità, ingresso nel lavoro, progressione dell’attività sportiva, ecc.
Se ben ci riflettete ognuna di queste fasi ha necessitato di grandi cambiamenti nella cura del proprio corpo e della persona e, quasi sempre, questi cambiamenti sono stati accolti favorevolmente e, spesso, senza nemmeno rendersene conto.
Il mutamento dei bisogni alimentari (i bisogni nutrizionali di una bambina sono ovviamente molto diversi da quelli di un’adolescente o una sportiva), delle cure del corpo (dalle pratiche del ciclo mestruale alla cura della pelle, della depilazione), delle attenzioni comportamentali (le nottate delle adolescenti, i tacchi e il reggiseno, la postura ed i modi della ragazza matura), ecc.
Questo avviene anche nella menopausa, ma non tutte le donne riescono ad accogliere questa fase come le altre e fluire nel cambiamento in maniera funzionale come nel passato.
Questo è dovuto a diversi fattori:
1)sicuramente la capacità individuale di accettare i cambiamenti è un potente fattore favorevole all’adeguamento della donna alle necessità della menopausa.
Le donne flessibili, che sono state a capaci di accettare in passato favorevolmente i propri cambiamenti, che di conseguenza hanno potuto vivere a pieno le proprie fasi evolutive, saziandosene copiosamente, saranno donne che sapranno entrare in menopausa con maggiore armonia e mettere in campo quei mutamenti di atteggiamento atti a continuare a vivere a pieno la propria vita.
Le donne più rigide, che hanno avuto anche nel passato difficoltà ad accettare i propri cambiamenti, resisteranno nevroticamente anche a questo, irrigidendosi e non favorendo lo sviluppo fluido della propria persona.
2)un altro aspetto importante che influisce sull’accettazione della menopausa è la pressione sociale che, fortunatamente, negli ultimi anni si è molto attenuata.
Nel passato, sotto spinte ideologiche primitive, la femminilità era ridotta alla fertilità e alla capacità di generare per cui, una volta entrate in menopausa, le donne diventavano persone prive di ruolo sociale, marginali.
Per una donna entrare in menopausa significava iniziare il proprio declino personale, non avere più valore sociale se non quello di fare la nonna.
Parliamo di una società in cui la vita media era molto più breve, la mortalità elevata, l’ingresso della donna nel mondo del lavoro e della scolarizzazione quasi nullo, una società fortemente maschilista dove le donne avevano un ruolo subalterno e dipendente.
Oggi, a livello culturale la donna è giustamente percepita in maniera nettamente diversa: la donna ora è considerata una persona che può realizzarsi liberamente e autonomamente in tutti i suoi ambiti esistenziali, compreso la gravidanza che non assume più il ruolo di unico scopo di vita femminile ma di una scelta individuale come le altre, come lo studio, il lavoro, ecc.
La donna oggi ha rivendicato il diritto del godimento della propria sessualità e di tutte le soddisfazioni che può trarre dal proprio esercizio di vita.
Attualmente la donna esercita liberamente la propria seduttività al pari della propria competenza o della propria valorialità, per cui la menopausa non ha più un significato terminale nella sua vita ma, anzi, quella di un cambiamento che potenzialmente può favorire gli altri ambiti di realizzazione.
3)un altro aspetto cruciale per la donna nell’accettazione della propria menopausa è il tipo di identificazione con il proprio ideale di sé.
Ognuno di noi ha un ideale di sé e lo persegue in maniera più o meno cosciente.
L’ideale di sé non è altro se non che l’idea che noi abbiamo di come dovremmo essere per sentirci bene.
Questo ideale si costruisce nel tempo, in particolare negli anni di maturazione, in riferimento alla risposta che gli altri significativi per noi ci danno di noi stessi.
Se un ideale è troppo rigido, ad esempio essere a tutti i costi forti e vigorosi, rischia di entrare in crisi durante i cambiamenti, ad esempio ci può far rifiutare la malattia o il naturale decadimento fisico della vecchiaia.
Più un ideale di sé è esclusivo, più necessariamente diventa rigido: se io mi sento di valere sono se sono forte e pressante, di fronte ad una malattia crollo completamente come persona; se invece oltre che essere orgoglioso di essere forte, posso essere orgoglioso di essere intelligente, di fronte ad una malattia che mina la mia fisicità posso rimanere una persona integra rimanendo sicuro e dignitosamente appagato della mia intelligenza.
Tutto questo per dire che, se una donna si identifica totalmente sulla propria capacità seduttiva/sessuale, al calare dell’attrattività fisica, dovuta al cambiamento fisico dell’età, entrerà in crisi e vivrà la menopausa come l’attestato del proprio crollo valoriale.
Tutto questo in termini concreti non è assolutamente reale perché, in verità, una donna che si cura rimane assolutamente attrattiva per la maggior parte degli uomini e donne che la potrebbero desiderare.
Inoltre, la sessualità femminile ha un balzo qualitativo importante con la menopausa poiché, libera dell’angoscia delle gravidanze, consapevole di sé, del proprio corpo e della propria capacità orgasmica, finalmente proprio in questo periodo la donna può vivere a pieno e in fondo la propria sessualità.
L’aspetto sessuale è fondamentale durante l’ingresso nella menopausa e, più una donna avrà risolto precedentemente le proprie inibizioni sessuali, più potrà goderne in questo periodo e favorire un processo che può portare ad una felicità di vita forse mai provata prima.
Alcune donne una volta entrate in menopausa recuperano la propria capacità orgasmica precedentemente inibita, anche perché ormai libere dalla pesantezza degli stereotipi femminili e, come già detto, della pressione della gravidanza, possono finalmente godere a pieno della propria sessualità, di sé e della vita.
Spero di aver fatto sufficientemente comprendere le dinamiche psichiche che entrano in gioco con la menopausa, che ne favoriscono o ostacolano i processi di sviluppo.
La menopausa per una donna, e per le persone che le stanno vicino, può diventare il periodo più felice della vita, ma il presupposto è l’accettazione dei cambiamenti e la volontà di prendersi cura di se stessa.
Dal punto di vista fisico bastano un’attività fisica moderata unita ad una dieta mirata, evitando gli abusi di farmaci, alcol o fumo, per risolvere la maggior parte dei disturbi legati alla menopausa permettendo alla donna di godersi a pieno la propria vita senza stravolgimenti di sorta.
Questa accettazione, come visto dipende da fattori psicologici, per cui in tutti i casi in cui una donna abbia difficoltà nell’ingresso in questa meravigliosa fase della vita è fondamentale un aiuto psicologico.
Un aiuto psicologico che aiuti la donna a ridiscutere i propri costrutti rigidi, superare eventuali tabù e responsabilizzarsi verso la cura della propria persona in maniera attiva, in modo di godersi appieno quello che potrebbe, senza dubbio, essere il periodo più bello della propria vita.
Yuri Canfora, Psicoterapeuta
Scrivi commento (0 Commenti)Ci avviciniamo all’estate e quindi a temperature più alte. Esattamente il periodo in cui soprattutto molte donne lamentano il disagio delle gambe gonfie.
In effetti la vasodilatazione indotta dal caldo produce un ristagno negli arti inferiori o una difficoltà di drenaggio da parte del sistema linfatico.
I motivi di questa problematica, peraltro diffusa, possono essere tanti: il sovrappeso, la scarsa tonicità muscolare o la scarsa attività muscolare. Ma è sempre opportuno tener conto dei fattori familiari e quindi valutare quali possono essere le componenti genetiche.
Questo significa non avere un approccio sintomatologico ma di inquadramento generale in maniera da affrontare la condizione in un’ottica di prevenzione e cura a 360°. Spesso verifichiamo una predisposizione genetica che può poi essere aggravata da abitudini o concomitanze negative (come l’uso di portare i tacchi alti, un’ipotonia muscolare che non favorisce il ritorno venoso, errori alimentari).
Per la comprensione corretta occorre indagare altri sintomi e co-morbilità (come tendenza alla stipsi, tendenza alle emorroidi, tendenza alla fragilità capillare) frequentemente presenti. Ciò avvalora la necessità di un trattamento che tenga conto delle complessive condizioni cliniche: quindi interventi di stimolo epatico e di miglioramento della funzionalità gastro-instestinale per eliminare adeguatamente le tossine e una dieta ricca di antiossidanti (frutti rossi, fragole, alimenti crudi ad alto contenuto di potassio, succo di ribes rosso, succo di ribes nero, succo di uva rossa) con la quale operiamo un rinforzamento della permeabilità capillare e del trofismo del microcircolo, quindi del drenaggio linfatico.
Nello stesso senso risultano estremamente utili nutraceutici a base di ribes rosso, uva rossa, flavonoidi che permettono un miglioramento del trofismo del microcircolo.
Il piano alimentare BMS (Sistema Metabolico Bruni) è in questi casi un piano molto drenante, che privilegia la carne al pesce, che prevede una ricca integrazione di omega 3. Sostanzialmente otteniamo così una riduzione del carico renale e un miglioramento del trofismo generale.
Quando c’è scarsa tonicità muscolare si rivela molto efficace l’integrazione con un pool di amminoacidi essenziali che permettono di ripristinare bene e in tempi rapidi il tessuto muscolare.
Si osserva spesso che la problematica di cui ci stiamo occupando è una sorta di male della nostra epoca. È infatti purtroppo vero che conduciamo tante volte una vita troppo sedentaria che certamente non agevola alcun aspetto della funzionalità e dell’efficienza del nostro organismo. Possiamo e dobbiamo prenderne atto e insistere affinché un adeguato livello di attività fisica entri nelle consuetudini di tutti. Insisto però sugli aspetti genetici perché, al di là delle linee guida sicuramente valide in via generale, un intervento mirato, specifico e risolutivo è possibile quanto più conosciamo le peculiarità metaboliche della persona.
Un esempio su tutti può chiarire meglio: un test genetico può rivelarci un eccessivo assorbimento degli zuccheri; se a questo, magari inconsapevolmente, aggiungiamo anche un’alimentazione ad alto indice glicemico, l’eccessivo ristagno è inevitabile. Ecco che in questo caso si rende necessario agire con un’alimentazione appropriata che abbia un carico glicemico ben calibrato.
Ogni occasione è davvero buona per ribadire che le risposte si trovano sempre in una visione d’insieme puntuale ed approfondita e che il “rimedio” al sintomo non è mai una risposta esauriente.
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Quello delle dipendenze alimentari rientra nel vasto e delicato ambito delle dipendenze. Di solito quando si pensa alla dipendenza vengono immediatamente in mente le droghe, in realtà il mondo delle dipendenze è molto più articolato: non necessità necessariamente di una specifica sostanza ma può essere legata ad un comportamento, come la dipendenza da sesso o la dipendenza da gioco d’azzardo, da persone, come le dipendenze affettive, o sensazioni come nel sensation addict.
Per restare al tema centrale di questo articolo, le dipendenze alimentari, la prima cosa da capire è che una persona con dipendenza alimentare non è un buongustaio o un appassionato di cucina.
La persona con dipendenza alimentare è una persona che fa ruotare la propria vita, in vario modo e diversa gravità, in maniera rigida intorno al cibo.
Le varie tipologie di dipendenza da cibo sono diverse e con diverse gradienti di gravità: dall’anoressia e bulimia, che sono vere e proprie psicopatologie gravi che tratteremo in altri articoli, al Bing Eating Disorder a cui abbiamo accennato in un precedente post, alle forme minori, più subdole ma non meno problematiche, che vedremo di seguito, ovvero l’ortoressia e la vigoressia.
All’interno delle dipendenze da cibo andrebbe citata anche la famosa “fame nervosa” tuttavia, proprio per la diversità qualitativa e quantitativa che questa ha con vigoressia e ortoressia, è bene trattarne separatamente in un prossimo post.
L’ortoressia è l’ossessione per il mangiar sano e non va confusa con la normale attenzione per un mangiare sano.
Anzi, paradossalmente, la dieta di un ortoressico può essere così rigida e estrema da essere tutt’altro che sana e arrecare danni alla persona che la segue.
L’ortoressico organizza la sua vita intorno al mangiar sano: pianifica pasti e sceglie alimenti in maniera così rigida da compromettere la propria vita e, spesso, anche le proprie scelte esistenziali principali quali carriera, relazioni affettive, maternità o paternità.
Qualsiasi cosa è incompatibile con i suoi rituali alimentari (orari, scelta degli alimenti, tipi di cottura, ecc.) viene evitato in maniera così netta da portare all’isolamento sociale e relazionale.
Per cui tutti gli eventi conviviali vengono regolarmente evitati, come tutte le occasioni che competono con gli orari dei pasti (cinema, passeggiate, ecc.) depauperando progressivamente in tal modo le relazioni sociali.
Allo stesso modo vengono scelte soluzioni lavorative e di studio anche di ripiego, piuttosto che scegliere soluzioni adeguate ma che metterebbero in crisi le proprie routine alimentari.
Infatti uno dei problemi dell’ortoressico è anche la gran quantità di tempo che impiega per pianificare, scegliere, acquistare, cucinare e consumare i pasti.
Per cui i percorsi di studio o lavorativi possono essere scelti solo sulla loro possibilità di adeguarsi ai bisogni nevrotici dell’ortoressico e non sui suoi reali interessi economici e professionali.
Inoltre, la rigida vita di un ortoressico è spesso incompatibile con una relazione sentimentale stabile e continuativa: qualsiasi persona entra nella nostra vita apporta dei cambiamenti e questi, in particolare nel regime alimentare, sono assolutamente inaccettabili per l’ortoressico.
Ovviamente una gravidanza e una paternità, intuitivamente, sono intuitivamente incompatibili con la vita di un ortoressico.
Nella vigoressia, invece, ci può essere un comportamento ortoressico, ma esso è finalizzato alla vera ossessione del vigoressico che è la forma fisica.
Per cui, alla dieta molto rigida, il vigoressico associa anche un’attività fisica estrema altrettanto ossessiva e, spesso, anche l’utilizzo di farmaci molto pericolosi per la salute come diuretici, lassativi e anabolizzanti.
Potete facilmente immaginare come i problemi elencati nell’ortoressia siano tutti presenti in maniera ancora più critica nella vigoressia, accompagnati inoltre dai rischi per la salute causati dai farmaci usati n maniera sconsiderata.
Un aspetto problematico di queste due patologie è che, spesso, le persone che ne sono affette hanno un aspetto sano per cui è difficile associarle alla loro patologia anche perché, purtroppo, la società odierna rinforza determinati comportamenti disfunzionali.
Ovviamente, se pur in maniera diversa, il controllo in queste persone è centrale: attraverso il controllo ossessivo verso l’alimentazione e l’attività fisica recuperano un senso del controllo della propria vita che altrimenti li farebbe sentire in uno stato di totale disorientamento e pericolo.
Da una parte recuperano il senso di controllo impegnando i propri pensieri su un unico tema facilmente gestibile, dall’ altra questa ossessione riduce progressivamente non solo i pensieri, ma proprio l’esposizione alla vita reale che è la vera angoscia di queste persone. Infatti la progressiva attenzione per il cibo, la scelta, gli acquisti, la preparazione, levano tempo al resto delle attività vitali, che poi è in fondo quello che queste persone desiderano come via di fuga, per sottrarsi ad angoscia, disorientamento, imbarazzo e frustrazione.
Entrambi i casi nascondono in realtà una autostima estremamente bassa che non gli permette di sentirsi a proprio agio con gli altri, per cui le relazioni, ancor più se intime e genuine, vengono selettivamente evitate e, se non possibile, vengono rigorosamente controllate.
I meccanismi dell’evitamento dell’angoscia relazionale nei due tipi di dipendenza ha fattori comuni e sfumature differenti.
L’ortoressico evita le relazioni semplicemente lasciandosi completamente assorbire dalla propria alimentazione mentre il vigoressico associa a questo tipo di vita schizoide un ulteriore impegno, che è l’attività fisica, ma anche una fisicità, un’estetica, che gli permette di rapportarsi formalmente con gli altri in una posizione di sicurezza e distanza.
L’aspetto estetico robusto o attraente viene utilizzato dal vigoressico come mezzo di “intimidazione” nei confronti dell’altro, per creare timore e distanza, per proteggere in realtà la sua estrema fragilità interna.
Per cui un trattamento efficace con le persone ortoressiche e vigoressiche deve tenere conto di questi fattori: sono ossessive e diffidenti per cui la prescrizione di un piano alimentare equilibrato dovrà necessariamente passare attraverso una contrattazione con il nutrizionista, in cui la soluzione finale può essere solo un percorso che non faccia perdere la sensazione di controllo al paziente, per cui sarà importante coinvolgerlo nel maggior numero possibile di scelte, e che muti le abitudini del soggetto progressivamente, al crescere della fiducia, senza strappi troppo destabilizzanti.
Qualsiasi strappo o stravolgimento sarà rifiutato e boicottato per cui le armi fondamentali per un nutrizionista dovranno essere la pazienza, la serenità, la competenza e un’attitudine all’ascolto che lo aiuti a cogliere i segnali di difficoltà della persona.
Le loro fragilità non vanno svelate o confrontate in maniera dura, sia perché sarebbe eccessivamente violento per la sensibilità di queste persone, sia perché l’effetto sarebbe inequivocabilmente quello di perderle.
Per cui vanno riconosciute la loro competenza, la fatica, l’impegno e serietà negli ortoressici e vanno sostenuti la superiorità ed il valore del vigoressico.
Bisogna ben ricordarsi che per queste persone affidarsi equivale al rischio di oblio, di perdita, di deriva mentale. Avranno quindi bisogno a lungo di sentire di doversi occupare molto del proprio piano alimentare e sentirsi comunque al timone dello stesso: non avere più a che fare con la propria ossessione li esporrebbe in maniera eccessivamente violenta alla vita a cui queste persone non si sentono per nulla preparate e, allo stesso tempo, perdere il senso di comando li farebbe sentire in balia del pericolo.
Bisognerà inoltre porre massima attenzione ad alcune possibili strategie di resistenza che potrebbero verificarsi nel trattamento di questi casi: l’iperadesione al piano alimentare dell’ortoressico e le bugie del vigoressico.
Nell’ortoressico l’adesione totale può diventare un problema, può essere così meticolosa da rendere poi impossibile uno sgancio o una variazione dalla stessa.
Nel vigoressico, al contrario, bisognerà stare attenti alle bugie del soggetto, capace di assumere di nascosto integrazioni alimentari e/o farmaci pericolosi senza riferirlo al nutrizionista, inficiando, in tal modo, il suo intero lavoro.
Inoltre nel vigoressico, in questo caso in netto contrasto con l’ortoressico, bisognerà valutare approfonditamente un sottostante uso/abuso di sostanze come anfetamine, cocaine, analgesici o anabolizzanti e valutarne l’impatto sul versante della salute fisica generale, dell’adeguatezza del piano alimentare, dell’equilibrio psicologico.
Lavorare sul piano alimentare con persone che soffrono di tali disturbi è molto difficile, faticoso, ma possibile e un lavoro fatto tenendo sotto controllo gli aspetti sovra elencati ha ottime potenzialità di ottenere risultati positivi che influenzino anche altri ambiti della vita di queste persone.
In questi casi, per un approccio nutrizionale che sia accettato ed efficace, giova moltissimo la presenza di un supporto psicologico.
Yuri Canfora
Psicoterapeuta
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