Il Sistema Metabolico Bruni (BMS) è il risultato di oltre 10 anni di studi in nutrizione funzionale, nutrigenetica e cronobiologia.
L'incontro e la sintesi di questi tre importanti settori della nutrizione e della biologia, si fondono in BMS, in maniera estremamente efficace e pratica.
BMS vede la luce nel 2018 grazie alla stretta collaborazione tra il Dott. Bruni, nutrizionista ed il Dott. Renzi, esperto informatico.
Maria (nome di fantasia) è una giovane donna di bella presenza, intelligente, laureata, proveniente da una famiglia medio borghese in buone condizioni socio-economiche, è sempre andata molto bene a scuola e non ha mai creato problemi di nessun tipo ai genitori.
Maria arriva a visita perché da anni prova a risolvere una problematica alimentare complessa, con caratteristiche ortoressiche e bulimiche, che le condizionano la vita in maniera totalizzante.
La vita di Maria gira intorno a diete rigide e restrittive e ad una attività fisica indefessa e alienante.
Maria, nonostante una bella presenza fisica e un’intelligenza oltre la media, non aveva da tempo né un partner né amicizie reali: la sua ossessione per la forma fisica le impediva completamente qualsiasi coinvolgimento affettivo e relazionale.
Nella vita di Maria il piacere era vissuto come un tabù e negato in ogni forma, ad esclusione di rare abbuffate, in cui l’unico piacere era il riempirsi con pasti voraci, a cui poi seguivano drammatici sensi di colpa che innescavano meccanismi restrittivi ancora più intensi e punitivi.
Maria veniva già da lunghi percorsi psicoterapeutici fallimentari e, in effetti, la sua intelligenza prestata all’ossessività e l’ineluttabilità delle sue compulsioni la rendevano particolarmente inaccessibile a qualsiasi forma di ragionamento o confronto.
Maria gestisce ogni cosa, compreso il dialogo con il terapeuta attraverso la logica stringente e pre-concettuale del suo bisogno imprescindibile di essere in forma fisica: si lamenta della fatica che questo stile di vita le porta ma non apre la possibilità a nessun cambiamento, convinta che l’equilibrio trovato sino ad ora sia l’unico possibile per lei.
Nei suoi racconti, lo sguardo di Maria sembra spesso freddo, distaccato, inaccessibile, come i suoi ragionamenti.
Un giorno, tuttavia, durante un incontro, mentre Maria ripeteva come un rosario le sue abitudini alimentari di vita, colsi un lampo emotivo sotto il gelo del suo sguardo e glielo rimandai con delicatezza: avevo colto il dramma della sua solitudine assoluta, di un dolore intenso, acuto, destrutturante, vissuto con profonda impotenza.
A quel rimando gli occhi di Maria sono cambiati immediatamente: sono diventati allarmati ma presenti, lucidi, increduli, finalmente vivi e affettivi.
Quell’intesa di sguardi ha aperto una finestra tra me e il suo mondo interno, che negli incontri successivi ha reso possibile lavorare con la sua affettività, con la sua emotività e, quindi, con la Maria più autentica e profonda, consentendoci di ottenere nel tempo risultati soddisfacenti.
Non esistevano ragionamenti o procedure che potessero smontare o semplicemente scalfire le mura invalicabili della costruzione patologica di Maria, la sua impenetrabile prigione restrittiva-ossessiva, alimentare e ginnica.
L’unica speranza di salvare Maria era quella di vederla ancora viva dietro le mura di quella prigione dove, ormai da tempo (se non dà sempre) nessuno guardava.
La storia di Maria, nella sua drammaticità è esemplificativa nel mostrare come, di fronte al mondo dell’alimentazione, sia fondamentale guardare oltre i comportamenti o le diete, non limitarsi a ragionamenti o indicazioni, che non fanno altro che rafforzare le mura di certe prigioni, ma comprendere le motivazioni profonde, avvicinarsi gentilmente a quel mondo affettivo ed emotivo che muove il disagio ma anche la speranza.
Nel buio di quel castello inespugnabile viveva in solitudine profonda una principessa, che aveva bisogno solo di essere vista per trovare, progressivamente, il coraggio e la forza di uscire e tornare ad esistere.
Dott. Yuri Canfora
Scrivi commento (0 Commenti)La convinzione che la psicologia sia fondamentale negli approcci nutrizionali è unanimemente condivisa nel mondo clinico e scientifico.
La nutrizione è uno di quegli ambiti umani complessi pieno caratterizzato da una molteplicità di aspetti psicologici che ne condizionano il funzionamento: aspetti affettivi, caratteriali, costrutti rigidi o mistificatori, ecc.
Tuttavia, è meno chiaro come la psicologia debba entrare nell’ambito nutrizionale.
Il mondo della psicologia è composto da una moltitudine di approcci e correnti, alle volte anche contrastanti tra loro, con metodiche e obbiettivi molto eterogenei che impattano in maniera diversa sugli interventi predisposti sul target, clinico o nutrizionale che sia.
Per cui, semplicemente, affermare che nella nutrizione si debba intervenire dal punto di vista psicologico, secondo me, è esatto ma incompleto.
Al fine di spiegare come la psicologia possa entrare nella nutrizione, descriverò in maniera sintetica due casi clinici (nel massimo del rispetto della privacy): di seguito espongo brevemente due casi formalmente simili ma sostanzialmente molto diversi.
Parliamo di due persone, un uomo ed una donna, intorno ai 30 anni, che chiameremo con nomi di fantasia Adamo ed Eva, che presentano una problematica che spesso viene riportata negli studi dei nutrizionisti: una persona inizia un piano alimentare in maniera scrupolosa, lo porta avanti per un periodo ottenendo buoni risultati per poi boicottarsi con tutta una serie di comportamenti alimentari inadeguati che, di fatto, boicottano il risultato sperato.
In sintesi, Adamo ed Eva pur soffrendo dello stesso problema, e desiderando intensamente di raggiungere un peso forma da tempo ricercato (entrambi in medio sovrappeso), non riescono a dare costanza al proprio impegno alimentare boicottando alla fine sistematicamente tutti gli sforzi messi in campo per raggiungere l’agognato peso forma.
Adamo ed Eva sono due persone molto diverse caratterialmente e familiarmente.
Adamo è un giovane uomo con una parvenza di efficienza e forza, a tratti duro, ma fondamentalmente sensibile e bonario.
Eva è una giovane donna di basso profilo, intelligente e arguta, che si propone inizialmente come non particolarmente ambiziosa e sostanzialmente contenta della normalità della sua vita, ma che ad una conoscenza più profonda svela frustrazioni e ambizioni latenti e irrisolte.
Pur se le due persone propongono al nutrizionista la stessa problematica, come vedremo la dinamica psicologica alle spalle che sostiene la disfunzionalità del comportamento alimentare è profondamente diversa.
Brevissimamente, scopriremo Adamo essere un giovane uomo che è stato reso autonomo troppo precocemente, da genitori imprenditori che pensavano di fare il suo bene, ma che, accelerando i tempi soggettivi del figlio lo hanno portato a saltare delle fasi maturative per sopperire costruendosi una corazza caratteriale muscolare (una finta autonomia iper-efficiente), simbolicamente proiettata su una fisicità robusta.
Adamo, pur desiderando una forma fisica migliore, non riesce a rinunciare al suo essere robusto che lo protegge dal confrontarsi con delle insicurezze profonde, la sua fragilità, per cui, quando dimagrisce entra in allarme e, alla fine, riprende ad ingrassare per recuperare la sicurezza della sua corazza.
Eva, al contrario, è la seconda genita di due stimati professionisti che l’hanno sempre educata al meglio delle loro possibilità.
Il padre di Eva è un ricco professionista completamente assorto nel suo lavoro, per cui fondamentalmente assente.
Il fratello maggiore di Eva ha fondamentalmente seguito le orme paterne, soddisfacendo a fondo tutte le ambizioni familiari.
La madre di Eva è una professionista di valore ma, soprattutto, una donna estremamente competitiva dal punto di vista femminile: donna estremamente curata, egocentrica, seduttiva, ambiziosa.
In sintesi, Eva, pur desiderando profondamente esprimere a pieno la propria femminilità, quindi la propria fisicità, dall’adolescenza in poi ha subito l’influenza competitiva materna, che è riuscita, più o meno consapevolmente, a lasciare spazio all’emergere della femminilità della figlia che le avrebbe sottratto scena e importanza.
Per cui Eva è cresciuta stritolata dal conflitto tra il desiderio di realizzarsi e la paura di entrare in conflitto con il narcisismo della madre.
Questa dinamica ambivalente si mostra chiaramente nel desiderio di raggiungere il giusto peso forma (realizzazione della sua ambizione) che poi, però, sotto la minaccia della perdita affettiva (il conflitto introiettato con la madre) viene costantemente boicottato.
È evidente che Adamo ed Eva, pur portando al nutrizionista una problematica simile, hanno dinamiche disfunzionali diverse e quindi necessitano di atteggiamenti e interventi diversi.
Come abbiamo potuto vedere in questo semplice e breve esempio, la psicologia deve sempre entrare nel trattamento nutrizionale, ma lo deve fare in una maniera estremamente personalizzata, non con approcci standardizzati, rigidi, altrimenti rischia di intervenire in maniera disarmonica sul soggetto, ostacolando più che favorendo un processo di cura, portando quindi potenzialmente a fallimenti che andrebbero a riverberarsi drammaticamente sull’autostima della persona, aumentandone le problematiche psichiche e alimentari.
Dott. Yuri Canfora
Scrivi commento (0 Commenti)Accogliere il nuovo paziente è importante tanto per chi varca la porta, quanto per il sottoscritto.
Il tutto, solitamente preceduto da attimi saturi di legittima diffidenza, la stessa che poi vedo sfumare all’incalzare della conversazione.
Le aspettative di chi si affida sono alte, le titubanze corpose, la curiosità è forte.
Nel porsi al cospetto della mia persona, si è soliti portare il fardello delle proprie esperienze, colme di fallimenti, ricordi legati a importanti sacrifici, sempre con la speranza di trovare una soluzione a ciò che ora dovrà esporre al solito, ennesimo, ingombrante Nutrizionista.
Comprendere le dinamiche emotive in certi casi è fondamentale, per non dire indispensabile.
Il fardello emozionale infarcito di sensi di colpa, è ciò che questa donna sta scaricando sulla mia scrivania.
Un sacco, pieno di rabbia, tristezza, rassegnazione e rivalsa, colmo di inconsapevole smarrimento.
Se voglio fare bene il mio lavoro è inevitabile che nell’ascoltarla, il mio riflettere cada sul suo trascorso emotivo, perché è palese che si trova qui dopo un lungo girovagare.
Come non immedesimarsi in tanti fallimenti, tentavi fatti e subiti, un numero di esperimenti seri, quanto surreali, per raggiungere un obiettivo che in realtà non esiste? L’obiettivo più ambito è questa maledetta perdita di peso, buttato lì con rabbia, a mo’ di sfida, come se gettarmelo addosso lo renda di per sé più a portata di mano.
Quando il racconto cade su questo particolare, solitamente, con la precisione di un matematico, esce uno srotolare fluido di numeri. Numeri e numeri sovente accompagnati da virgole e decimali.
I numeri sono il giudizio severo di un corpo che vale solo un numero: più grande oggi, più piccolo domani, ma solo un lurido numero che nella sua freddezza dovrebbe descrivere un mondo: il mondo chiuso in questa persona.
Quando si lascia un po' di corda al racconto, il numero assume una valenza più drammatica: il peso dell’infanzia, il peso dell’adolescenza, il peso della giovinezza e sovente il peso della maturità.
Numeri e solo numeri per raccontare sé stessa.
Ma più dei numeri sono i suoi occhi, il suo gesticolare che parlano per lei: raccontano la vita appesa ad un numero, privo di valore ma al quale ci si aggrappa con la speranza che qualcosa in esso abbia un senso.
Mi distacco per un secondo da questa mole di dati e inevitabilmente accenno tra me e me - Quanta forza, quanto coraggio, mettersi nuovamente in gioco. Questo vuol dire amarsi nonostante tutto. -
Come non essere alleati? Prima di essere un Nutrizionista sono un essere umano o forse sono soltanto un essere umano travestito da Nutrizionista.
Farsi carico delle sue aspettative è doveroso o semplicemente è giusto? Propendo decisamente per la seconda. Detto ciò tocca rimboccarsi le maniche, perché è ovvio che bisogna fare un grande lavoro.
Si, ma come?
Facile a dirsi, ma da dove iniziare?
È stata sempre gestita per il suo peso corporeo, giudicata con un numero, premiata per i suoi successi, rimproverata, quando non umiliata, per le sue debolezze.
Per il BMS, che negli anni ho ideato, questa signora non può essere un misero numero: come potremmo mai permetterci di trattarla ancora così?
Dentro questa donna c’è un mondo che va indagato, conosciuto, apprezzato e sicuramente rimodulato, ma per fare questo è essenziale mettere a nudo la sua essenza. Le ragioni profonde di un preciso agire nutrizionale (e non solo) sono da percorrere una visione davvero olistica dell’uomo.
Il Nutrizionista, che vuole imparare ad applicare il BMS, deve saper riconoscere con sistematicità i diversi sé della signora: deve riconoscere le dinamiche emotive e metaboliche per poi cucirle insieme in una proposta nutrizionale veramente unica.
L’agire nutrizionale è frutto di esperienze infantili, usi e costumi famigliari, cultura, amore del sé, sentimenti, passioni, esperienze di vita, genetica ed epigenetica, peculiarità fisiologiche. Elementi tutti che si muovono inesorabilmente in maniera inscindibile.
Chi vuole applicare il BMS, deve cercare tanto, scoprire, riconoscere, valutare tutto ciò e tradurre in un percorso sostenibile ed efficace le proprie conclusioni.
Mettere a nudo le ragioni profonde di specifici comportamenti alimentari è il nostro punto di partenza.
Tutto ciò dona forza e consapevolezza delle altrui potenzialità: ci si allontana da quella visione punitiva sintetizzata con efficacia e sadismo da quei numeri snocciolati come le poesie di Leopardi, ci si avvicina ad una visione ampia, concreta e realistica del nostro essere uomini e donne.
Nel BMS affronto le radici di un certo agire nutrizionale, aiuto a mettere in relazione le condizioni ormonali con le scelte alimentari, creando stupore e consapevolezza di quanto in realtà tutto ciò sia semplice ed assolutamente pratico.
La donna trova conferma di come l’atteggiamento alimentare abbia un parallelismo sistematico con le proprie oscillazioni ormonali che poi inesorabilmente sono oscillazioni umorali ed emotive e per dirla tutta, variazioni della propria funzionalità intestinale, quanto dei propri stimoli sessuali.
Affrontando questo ambito con leggerezza, si assiste ad un cambio di passo radicale nel rapporto tra la mia paziente ed il sottoscritto.
Quei miseri numeri ora non hanno più valore, hanno finalmente perso di senso.
Nel BMS bisogna ricucire più elementi ed è opportuno ricordare alla mia signora che il suo sonno, la sua emotività possono avere ragioni genetiche che a sua volta influenzano il comportamento alimentare.
Stupore e serenità si affacciano sul suo volto: non si identifica più in un numero, è uscita fuori da quel contenitore sterile quanto offensivo.
Il cibo da nemico di una vita, diverrà suo alleato, elemento terapeutico per una persona che finalmente viene ascoltata, studiata, osservata, e finalmente accompagnata per mano.
La Nutrigenetica, con la sua potenza, nel BMS, abbraccia la nutrizione funzionale, la potenza terapeutica dei singoli elementi e noi cuciamo il tutto con le unicità emotive e metaboliche dell’individuo.
Mettersi a nudo davanti al Nutrizionista BMS può sembrare provocatorio quanto inusuale, ma è la forza primordiale che negli anni ha permesso di creare successi in situazioni che sembravano davvero perdute.
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