Il Sistema Metabolico Bruni (BMS) è il risultato di oltre 10 anni di studi in nutrizione funzionale, nutrigenetica e cronobiologia.
L'incontro e la sintesi di questi tre importanti settori della nutrizione e della biologia, si fondono in BMS, in maniera estremamente efficace e pratica.
BMS vede la luce nel 2018 grazie alla stretta collaborazione tra il Dott. Bruni, nutrizionista ed il Dott. Renzi, esperto informatico.
Quando si parla di cura si pensa automaticamente ad un intervento medico o riabilitativo.
In realtà se andiamo a leggere sull’Enciclopedia Treccani la prima definizione che incontriamo è: Interessamento solerte e premuroso per un oggetto, che impegna sia il nostro animo sia la nostra attività: dedicare ogni c. alla famiglia, all’educazione dei figli, ai proprî interessi; avere c., prendersi c. di qualcuno o di qualche cosa.
È chiaro che in questa definizione non è incluso e indispensabile il concetto di malattia o disabilità, per cui l’idea dell’intervento medico o riabilitativo è assolutamente incompleta.
Infatti, se andiamo a consultare un dizionario di latino (Olivetti) vedremo che il termine cura (cùra in lat.) ha molteplici significati: cura, sollecitudine, premura, attenzione, riguardo, diligenza, solerzia, inquietudine, affanno, pensiero, preoccupazione, amore, pena amorosa, persona amata, preoccupazione, inquietudine, affanno, oggetto d'amore, amore, amministrazione, governo, direzione, opera, ufficio, impegno, incarico, occupazione, ornamento, acconciatura, cura della persona, studio, compilazione, ricerca, custodia, sorveglianza, coltivazione di piante, allevamento di animali, trattamento, cura delle malattie, rimedio, guarigione, curiosità, interesse, custodia, tutela.
Quindi, curare una persona significa metterla al centro dei nostri interessi per permettergli di sviluppare il meglio delle proprie potenzialità.
Per cui, una madre che si prende cura del figlio lo nutre e lo scalda, lo protegge dalle aggressioni e gli crea un clima favorevole alla sua crescita dal punto di vista psichico e fisico (legato al concetto di sviluppo), in un processo guidato da affettività, empatia e consapevolezza.
Dal punto di vista professionale, invece, l’intervento è maggiormente tecnico, scientifico, e si muove su assi meno globali ma più specialistici, per garantire alla persona sia la guarigione delle malattie, ma anche il non contrarle.
Infatti, quando pensiamo al concetto di cura ci riferiamo troppo spesso all’ambito dell’intervento medico e poco di quello preventivo.
La prevenzione è l’insieme delle azioni ed attività che mirano a ridurre mortalità, morbilità o effetti dovuti a determinati fattori di rischio o patologie (profilassi), promuovendo la salute e il benessere individuale e collettivo.
Già intuitivamente, si capisce come sia indubbiamente meglio non ammalarsi piuttosto che doversi impegnare per guarire da una malattia.
Tutti ammirano il chirurgo che salva il paziente da un infarto, ma pochi hanno la capacità di valutare e valorizzare lo stesso merito di un medico di base che grazie ai suoi interventi e consigli aiuta il proprio paziente a non avere un infarto nella vita.
Anche se ci si salva da un infarto, comunque la qualità della vita diminuisce e le cure sono lunghe, impegnative e dolorose.
Inoltre, con il costo di un singolo intervento chirurgico si possono salvare in termini preventivi centinaia di persone.
Esistono diversi tipo di prevenzione: primaria, secondaria, terziaria e quaternaria.
La prevenzione primaria è la principale forma di prevenzione: consiste nell’adozione di interventi e comportamenti in grado di evitare o ridurre a monte l'insorgenza e lo sviluppo di una malattia o di un evento sfavorevole (ad esempio campagne contro il fumo).
La prevenzione secondaria riguarda la diagnosi precoce di una patologia, permettendo così di intervenire precocemente sulla stessa, ma non evitando o riducendone la comparsa (ad esempio mammografia per il tumore al seno).
La prevenzione terziaria non riguarda la prevenzione della malattia in sé, quanto dei suoi esiti: si tratta di una prevenzione “delle complicanze” che possono essere sviluppate in seguito ad una patologia.
La prevenzione quaternaria oggi viene vista come una prevenzione delle forme di ipermedicalizzazione.
Da anni, esiste inoltre il concetto di promozione della salute che supera la visione patocentrica della prevenzione.
La promozione della salute è il processo che consente alle persone di esercitare un maggior controllo sulla propria salute e di migliorarla.
Questo processo passa attraverso la ricerca di uno stile di vita sano che curi l’alimentazione, l’attività fisica e la gestione dello stress.
Lo stile di vita sano è il modo di vivere quotidiano che rafforza e migliora le capacità di riserva del corpo, aiuta le persone a rimanere in buona salute, a salvare o persino a migliorare la loro salute.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità un corretto stile di vita incide fino al 50% sullo stato di salute della persona; l’ambiente e l’eredità incidono per il 20% e la medicina, infine, solo per il 10%.
Questo dimostra come l’individuo sia produttore di salute e responsabile della stessa, del suo benessere e delle condizioni del suo corpo.
Questo processo passa quindi attraverso la responsabilizzazione dell’individuo che diventa artefice della propria salute attraverso l’impegno in uno stile di vita sano che presuppone l’aiuto di professionisti della salute.
Tuttavia, l’obbiezione che viene posta ogni qual volta si parla di prevenzione e promozione della salute è: “però costa”.
Costa la palestra, lo psicologo, il nutrizionista e l’alimentazione sana, il fisioterapista, gli screening preventivi, ecc.
Tratterò ora l’argomento (“..però costa..”) parlando di un argomento della salute che riguarda specificatamente il mio ambito professionale, la depressione.
Al riguardo cito alcuni dati scientifici tratti da The cost of depression' (di Robert L. Leahy, Ph.D. American Institute for Cognitive Terapy, 30 ottobre 2010):
“Il 19% degli americani soffrirà di depressione in qualche momento della loro vita….La depressione ha costi umani che tutti conosciamo: tristezza, senso di isolamento, sensazione di peso, incapacità di godersi la vita e, per 35.000 persone ogni anno, suicidio (Joiner, 2010)…..le persone depresse hanno 30 volte più probabilità di suicidarsi rispetto alle persone non depresse (Hawton, 1992)….e persone depresse hanno cinque volte più probabilità di abusare di droghe….La depressione è la principale causa di disabilità medica per le persone di età compresa tra 14 e 44 anni (Stewart, Ricci, Chee, Hahn e Morganstein, 2003)….le persone depresse perdono 5,6 ore di lavoro produttivo ogni settimana quando sono depresse (Stewart, 2003)….l'80% delle persone depresse ha problemi nel funzionamento quotidiano (Pratt & Brody, 2008)…il 50% della perdita di produttività lavorativa è dovuta all'assenteismo e alla disabilità a breve termine (RC Kessler, et al., 1999)…..in un periodo di 30 giorni, i lavoratori depressi hanno da 1,5 a 3,2 giorni di invalidità a breve termine in più (Druss, Schlesinger e Allen, 2001)…. le persone depresse hanno sette volte più probabilità di essere disoccupate (Lerner, et al., 2004)….. I bambini e gli adulti che soffrono di depressione hanno redditi più bassi, un livello di istruzione inferiore e meno giorni di lavoro ogni anno…… questi problemi psicologici portano a sette settimane di lavoro in meno all’anno, a una perdita del 20% del reddito potenziale e a una perdita di 300.000 dollari nell’intera vita di ogni famiglia che ha un membro depresso (Smith & Smith, 2010)….le persone che soffrono di depressione si ritrovano con sei decimi di anno di istruzione in meno, una diminuzione dell’11% nella probabilità di sposarsi e una perdita (in media) di 10.400 dollari all’anno di reddito entro i 50 anni (Smith & Smith, 2010). )…..a causa della depressione, si registra una diminuzione del 35% del reddito nel corso della vita, e questo non include l’aumento dei costi delle cure mediche che tutti noi dobbiamo sostenere.”
Leggendo i dati scientifici prodotti dal dr. Leahy è ovvio concludere che la prevenzione non è un costo economico, ma un chiaro investimento con una rendita che nessuna finanziaria può lontanamente sognare di garantire.
La vera ricchezza è data dalla salute, che è inoltre la matrice di tutte le altre possibilità umane: entrare in quest’ottica di pensiero ci permette di smettere di rincorrere chimere e investire in maniera consapevole il nostro tempo e parte (poco) delle nostre risorse per l’ottenimento di un qualcosa che è di per sé l’obbiettivo principale della vita ma che è anche il mezzo indispensabile per raggiungere tutti gli altri obbiettivi che la società, o i nostri sogni, ci spingono a realizzare.
Scrivi commento (0 Commenti)L’idea del nutrizionista è spesso equiparata nella percezione sociale a quella del medico.
È uno scienziato che, attraverso la sua conoscenza del funzionamento del corpo umano, trova soluzioni a processi patologici.
Anche gli studi che normalmente svolge un nutrizionista sono affini a questo tipo di pensiero. Il nutrizionista quindi si ritrova a studiare una vasta mole di nozioni di chimica, fisiologia, biologia, patologia, ecc., ecc.
L’approccio che tradizionalmente accomuna queste due figure professionali è quello biomedico.
Il modello biomedico ha origini lontane, XVI secolo, ed ha influenze importanti come quelle della chiesa cattolica e di scienziati come Cartesio, Galileo e Newton.
All’interno di un corpus teorico vasto, possiamo riconoscere in questo modello due concetti cardine:
1) il riduzionismo, che ritiene che ogni fenomeno complesso possa essere scomposto in fattori minori costituenti (atomi, cellule, ecc.): le spiegazioni causali sono lineari, in medicina si sviluppa l’organicismo.
2) Dualismo corpo-mente, il corpo è visto come un qualcosa di ben distinto dal pensiero, dall’anima, dalla psiche e dal cervello.
Il modello biomedico, sorretto dall’evoluzione scientifica, ha avuto una presa culturale enorme, così grande da perdurare anche quando le sue teorie non riuscivano più a sostenere i fatti. La “crisi” scientifica del ‘900 (Einstein, Eisemberg, Popper, Kelly, ecc.) ha messo in chiara discussione i modelli lineari e riduzionisti a favore di una visione della realtà complessa, sistemica, olistica, costruttivista, ecc.
Tuttavia, per vari motivi, il modello biomedico ha cercato di resistere ad ogni critica, negando la realtà e forzando i processi scientifici (evoluzione dogmatica).
Ad oggi il pensiero che una malattia sia sempre e semplicemente l’alterazione di uno specifico organo causato da un agente patogeno è sicuramente superata.
La centralità della malattia è crollata a favore di un tentativo di comprensione globale del funzionamento della persona all’interno del suo sistema di vita.
La scienza della salute si è evoluta in un approccio di tipo bio-psico-sociale, dove la salute e la malattia cambiano di significato e vengono comprese negli equilibri e nelle dinamiche interattive sistemiche degli aspetti biologici, psicologici e ambientali/sociali.
La persona diventa il centro di interesse e intervento di ogni scienza, l’essere umano nella sua completezza e inscindibilità, psichica e fisica.
Per cui, anche il nutrizionista deve accettare la sfida della scienza, superare il modello biomedico e concentrarsi sulla persona, non più sul mero peso o aspetto fisiologico o fisiopatologico.
Per far questo, il nutrizionista, così come il medico, oltre che le nozioni di chimica, biologia, ecc., deve acquisire competenze psicologiche e relazionali specifiche, che lo aiutino a prendersi cura e conoscere il proprio paziente nel pieno del suo essere persona.
Solo così il nutrizionista può superare il dogmatismo ormai obsoleto del modello biomedico, prendersi veramente cura delle persone e accettare la sfida scientifica e professionale del presente e del futuro.
Dott. Yuri Canfora
Scrivi commento (0 Commenti)Che cos’è la nutrigenetica?
Scientificamente, la nutrigenetica è lo studio di come la variazione genetica nei geni individuali influenza la risposta di un individuo a particolari nutrienti e tossine nella dieta.
Nutrigenetica e BMS
Il BMS - Sistema Metabolico Bruni - è il "tutto" mentre la nutrigenetica è solo una parte (importante) dell'intero sistema.
Il BMS o Sistema Metabolico Bruni è un approccio nutrizionale basato sulla tipologia metabolica individuale.
Questo sistema cerca di classificare le persone in diversi biotipi metabolici in base a caratteristiche fisiche, biochimiche e ormonali. La nutrigenetica potrebbe essere uno strumento utile per affinare ulteriormente le raccomandazioni del BMS per ogni biotipo.
Analizzando i polimorfismi genetici (SNP) legati al metabolismo dei nutrienti, all'assorbimento, alla regolazione del peso e ad altre vie metaboliche, sarebbe possibile personalizzare maggiormente i piani alimentari del BMS.
Ad esempio, gli SNP coinvolti nel metabolismo degli zuccheri, dei grassi o delle proteine potrebbero influenzare le porzioni raccomandate di questi macronutrienti per un determinato biotipo BMS. Oppure, le varianti genetiche legate al metabolismo di specifici micronutrienti come vitamine e minerali potrebbero guidare le raccomandazioni di supplementazione per quel biotipo.
Inoltre, la nutrigenetica potrebbe aiutare a spiegare perché alcune persone dello stesso biotipo BMS rispondono meglio o peggio allo stesso piano alimentare, permettendo ulteriori personalizzazioni basate sul profilo genetico individuale.
In sintesi, integrando i dati nutrigenetici con l'approccio del BMS, si potrebbe migliorare l'accuratezza delle raccomandazioni nutrizionali, tenendo conto sia delle caratteristiche metaboliche generali del biotipo che delle variazioni genetiche specifiche dell'individuo.
Questo potrebbe ottimizzare ulteriormente i risultati di salute e benessere.
Per il nutrizionista:
Lo scopo non è semplicemente di fornire una moltitudine di informazioni, bensì di formare il nutrigenetista: fornire gli strumenti necessari per esercitare la sua professione, continuando ad adottare il BMS ed i suoi strumenti oppure per continuare ad esercitare la professione di nutrizionista da solo.
Dare al nutrizionista gli strumenti per esercitare: è la differenza fra dare un pesce o insegnare a pescare!
Gli SNP?
I polimorfismi a singolo nucleotide (SNP) e la nutrigenetica sono concetti strettamente correlati nel campo della nutrizione personalizzata e della salute. Gli SNP sono variazioni nella sequenza del DNA che si verificano quando un singolo nucleotide (A, T, C o G) nel genoma viene alterato. Queste piccole variazioni genetiche possono influenzare il modo in cui gli individui rispondono ai nutrienti, ai farmaci e ai fattori ambientali.
Che cosa sta tentando di fare la nutrigenetica?
La nutrigenetica studia come le variazioni genetiche, in particolare gli SNP, influenzino la risposta di un individuo a nutrienti e componenti alimentari specifici. Esamina come le differenze genetiche possano influire sul metabolismo, l'assorbimento, il trasporto e l'utilizzazione dei nutrienti all'interno del corpo.
Comprendendo il profilo genetico di un individuo, la nutrigenetica mira a sviluppare raccomandazioni dietetiche personalizzate e ottimizzare le strategie nutrizionali per migliori risultati di salute. La nutrigenetica aspira ad usare l’informazione genotipica di un individuo per determinare le proprietà delle proteine codificate da certi geni e in questo senso l’effetto sul metabolismo, trasporto ed assorbimento dei nutrienti nella dieta e l’effetto sull’eliminazione delle tossine.
Una variazione genetica, p.es. uno SNP, può influenzare l’attività di un enzima che può influenzare il metabolismo di un nutriente come l’acido folico.
Questo è esattamente analogo alla farmacogenetica dove la variazione in un gene influenza la velocità del metabolismo del farmaco.
Noi abbiamo linee guida standard del mangiar sano che sono basate su molti anni di prove scientifiche accumulate principalmente da studi epidemiologici e di intervento (e NON prove cliniche!).
Queste linee guida sono state sviluppate per aiutare a mantenere uno stile di vita salutare, il più a lungo possibile. Lo scopo della nutrigenetica è di essere capace di modificare le linee guida alimentari in accordo col genotipo e fenotipo individuali – anche la nutrigenetica è basata su molti anni di prove scientifiche accumulate principalmente da studi epidemiologici e di intervento.
Il livello di prove per la nutrigenetica è almeno all’altezza di quello usato per sviluppare e giustificare le linee guida standard.
Che cosa propone al consumatore/paziente?
L’uso dell’informazione genetica sia per la guida delle scelte alimentari e sia per informare gli individui circa l’importanza dell’alimentazione, del cibo e del metabolismo.
La nutrigenetica ci mette in grado di usare il genotipo ed il fenotipo per migliorare la nostra conoscenza di come il cibo lavora insieme con il corpo.
L’aspetto informativo di un servizio nutrigenetico è estremamente importante – gli scienziati lo usano e imparano da esso, dunque perché non potrebbe trarne benefici anche il pubblico?
Purché l’informazione sia fornita in un modo serio, responsabile e corretto allora il risultato sarà benefico per il paziente/consumatore.
La nutrigenetica definirà un’alimentazione perfetta?
No, non si pretende tanto.
Usando l’evidenza corrente che è disponibile nella letteratura scientifica “peer reviewed” la nutrigenetica può essere usata per programmare un’alimentazione che è migliore di quella delle linee standard che offre “una taglia unica per tutti” quando in realtà le variazioni genetiche significano una diversità metabolica.
Abbiamo ancora tanto da studiare, può darsi che non raggiungeremo mai quella dieta “perfetta”, ma abbiamo accumulato una conoscenza che possiamo usare adesso, stiamo muovendo i primi passi essenziali.
Dunque qual è il punto, sarà realmente di aiuto?
Lo scopo di tutti i consigli alimentari è di fornire buone abitudini alimentari, sostenibili nel tempo ed efficaci clinicamente: piccole variazioni, anche variazioni apparentemente insignificanti, possono produrre una grande differenza nell’arco di 10-20 anni.
Per esempio l’eccesso quotidiano di calorie, richiesto per aumentare di 15 Kg, dai 20 ai 40 anni, è soltanto di 10 calorie, che è proprio mezzo cucchiaino di zucchero in più al giorno! L’aiuto che ci offre la nutrigenetica è l’averci fatto capire che ciò non vale per tutti ma solo per coloro che sono geneticamente predisposti.
C’è qualche prova scientifica per la Nutrigenetica?
Sì, molta. A parte i nostri studi ci sono letteralmente migliaia di studi “peer reviewed” che sono stati pubblicati nel corso degli ultimi due decenni e che dimostrano scientificamente le interazioni gene-dieta.
Il livello dello studio scientifico è in generale molto alto ed è di qualità simile, se non più rigoroso, delle prove scientifiche usate per giustificare i consigli alimentari standard, come consumare molta frutta e verdura, ridurre i grassi saturi, ridurre gli zuccheri ecc.
Ecco alcuni esempi di come vengono applicati gli SNP e la nutrigenetica:
1. Metabolismo dei nutrienti: Alcuni SNP possono influenzare il modo in cui il corpo metabolizza nutrienti come l'acido folico, la vitamina D e gli acidi grassi omega-3. Gli individui con particolari varianti genetiche possono avere differenti esigenze nutrizionali o rispondere diversamente agli interventi dietetici.
2. Intolleranze alimentari: Gli SNP nei geni legati al metabolismo del lattosio, alla sensibilità al glutine o al metabolismo della caffeina possono influenzare la tolleranza o intolleranza di un individuo a determinati alimenti o composti.
3. Gestione del peso: Le variazioni nei geni coinvolti nella regolazione dell'appetito, nel dispendio energetico e nel metabolismo dei grassi possono influenzare la predisposizione di un individuo all'obesità o la risposta agli interventi per la perdita di peso.
4. Interazioni nutrienti-geni: Gli SNP nei geni coinvolti nei percorsi antiossidanti, nell'infiammazione o nei processi di disintossicazione possono influenzare il modo in cui gli individui rispondono a nutrienti specifici, come vitamine, minerali o fitochimici.
Comprendendo il profilo genetico di un individuo attraverso l'analisi degli SNP, i professionisti sanitari e i nutrizionisti possono fornire raccomandazioni dietetiche personalizzate, regimi di integrazione e interventi sullo stile di vita su misura per il patrimonio genetico unico dell'individuo.
Questo approccio mira a ottimizzare la salute, prevenire o gestire le malattie croniche e promuovere il benessere generale attraverso la nutrizione di precisione.
Dott. Keith Grimaldi
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